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IL COLORE VIOLA

(Titolo orig. The color purple)

a cura di Paola Nucciarelli



Usa 1985

REGIA : Steven Spielberg

SOGGETTO : tratto dal romanzo di Alice Walker

SCENEGGIATURA : Menno Meyjes

FOTOGRAFIA : Allen Daviau

MUSICA : Quincy Jones

SCENOGRAFIA : Robert W. Walch – Linda DeScenna

COSTUMI : Aggie Guerard Rodgers

INTERPRETI : Woopi Goldberg (Celie), Danny Glover (Mister)

Adolph Caesar (vecchio Mr), Margaret Avery (Shug),

Oprah Winfrey (Sofia), Rae Dawn Chong (Squeak),

Willard Pugh (Harpo), Akosua Busia (Nettie),

Desreta Jacson (Celie giovane), Bennet Guillory (Grady),

Dana Ivey (Miss Millie)

PRODUZIONE : Steven Spielberg, Katleen Kennedy,

Frank Marshall, Quincy Jones / Warner Bros. Prod.

DURATA : 152’



TRAMA

Il film racconta la vita di Celie, una donna, negra, brutta e povera nello stato della Georgia nei primi del ‘900.

RECENSIONE

Violentata da colui che credeva essere suo padre, privata dei figli, sposata a un uomo che la tratta da schiava, allontanata dall’unica cosa bella della sua vita, la sorella Nettie, che sfugge ad un destino analogo, Celie riesce a sopravvivere legata alla speranza di riabbracciarla. Celie parla con dio, perché non può raccontare a nessun’altro gli orrori della sua vita, rimette a Dio tutti i suoi problemi, non ha futuro sulla Terra, solo la morte la renderà libera. Quando la moglie del figliastro Sofia, le dice che dopo aver combattuto tutta la vita contro il patriarcato e che non si sarebbe aspettata di dover combattere anche con una donna, segnata dal suo stesso destino, Celie, rassegnata alla sua condizione di non essere, di oggetto, di schiava e non riuscendo a concepire altro che la morte quale fuga verso la libertà, conforta Sofia dicendole: - La vita finisce presto…il paradiso è eterno…

L’eroina del film vuole magnetizzare tutta la pietà e la compassione : Celie è l’apoteosi della svantaggiata, è quasi un dovere amarla, ma, ala lunga, la sua maledetta passività, la sua espressione stramba, il suo chiudersi in se stessa, il suo raggomitolarsi, la sua paura, il suo disappunto, ci rendono esausti e impazienti, se non fosse per la sua reazione finale. Grazie alla sua relazione con una bella figura di donna, Shug Avery, l’amante del marito, Celie si riscatta.

Il romanzo è in forma epistolare, un racconto a due voci attraverso una corrispondenza che non arriva a destinazione. Nelle lettere di Nettie il linguaggio è più fluido e descrittivo, viene raccontata l’Africa conosciuta dalla Walzer, i riti sanguinosi della tribù Olinka. I testi di celie sono scritti in uno stle più semplice, elementare, immediato e crudo. Scarno nelle descrizioni, ma denso di significati e di spessore, il romanzo scorre forse più velocemente del film. La versione cinematografica risulta abbastanza fedele al testo sia nei nomi dei personaggi, nei dialoghi, che nella storia, sebbene nel romanzo venga analizzato più profondamente il rapporto fra Harpo e Sofia, la redenzione di Mr, l’inaspettato amore per l’ex moglie, Celie. Da sottolineare la relazione amorosa fra Celie e Shug che nel libro risulta molto più esplicita e dettagliata: Shug può amare indifferentemente uomini e donne perché la sua morale le dice che Dio si arrabbia se non si amano le cose belle, come un campo di fiori di colore viola; Celie ama Shug perché gli uomini le hanno sempre fatto paura con il loro potere fallocratico, con le loro violenze e sopraffazioni. Celie è vissuta senza amore e senza affetto. Con Shug, Celie diventa persona, acquisisce una dignità, acquista considerazione e rispetto, trova la pace e la serenità, sente la dolcezza del ventre materno, il gonfiore del seno: è come dormire con la mamma con la quale non ha mai dormito. Il loro rapporto è una relazione psicologica-sentimentale, non sessuale.

 

Il romanzo è anche una denuncia contro i retaggi culturali che generano l’oppressione: Il vecchio Mr. Comanda Harpo e Celie, Harpo vuole comandare, tramite i vecchi luoghi comuni l’energica Sofia che non ne vuole sapere e l’amante Squeak che alla fine lo lascia, i bianchi, ancora, vogliono sopraffare i negri. Nessuno è soddisfatto della propria vita, né gli oppressori, né gli oppressi, solo la relazione amicale, fra le più “reiette della terra”, le donne-negre-povere produrrà qualcosa di positivo per le generazioni che verranno, alla fine una speranza per il futuro.

 

Il dolore è il tema dominante del romanzo e del film. Esso pervade in modo assoluto il corpo, la mente e il cuore. Noi donne ci conviviamo più o meno consapevoli come delle predestinate. (il dolore fisico come palestra preparatoria al dolore psicologico)

La vita di Celie è dolore.

Celie vive in una dimensione di assoluto dolore e lo accetta con assoluta abnegazione: sua madre ha vissuto dolorosamente e così farà anche lei. AMEN.

Il dolore è visto come purificazione. Trova il suo Dio nella sofferenza, nella rassegnazione, nell’accettazione, nell’immolazione. La sua povera esistenza accoglie con rassegnazione e con esaltazione il martirio delle vergini cristiane.

L’ostentazione di Shug nel godere delle gioie della vita è l’altro modo di superare la tragicità della vita e di interpretare la volontà di Dio che esorta ad amare e a gioire per le cose belle del creato. Shug incarna la secolare contraddizione della donna che aspira alla libertà nutrendo in un tempo sensi di colpa.

 

Sofia è una figura di donna che incarna l’emancipazione: è forte, libera, sicura, simpatica, ma non viene capita dall’ambiente in cui vive che la schiaccia e l’annulla.

Nettie che ha imparato a leggere e a scrivere, trasferisce il suo sapere a Celie, ma poi deve scappare da quel mondo per trovare la libertà.

Il ritmo lento del film, rispecchia il tipo di vita che conducono Celie e le altre. Siamo nei primi del ‘900 in uno Stato, la Georgia, che risente ancora della mentalità schiavista.

La walzer, vuole anche denunciare tale condizione psicologica che incide particolarmente sulle donne, l’elemento più debole, secondo quella organizzazione patriarcale.

AUTRICE DEL ROMANZO

Alice Walker, nata il 9 febbraio 1944 a Eatonton in Georgia, ultima di otto figli di una famiglia di poveri agricoltori, ricchi di amore e spirito, è universalmente riconosciuta come una delle più grandi scrittrici di questo secolo.

Un’antenata del padre, Mary Poole, era una schiava che fu costretta ad attraversare a piedi la Virginia fino ad arrivare in Georgia con un bambino in braccio. La bisnonna materna dell’autrice era una pellerossa Cherokee. La Walzer è profondamente orgogliosa delle proprie eredità culturali. Diplomatasi nel 1961, si iscrive allo Spelman College di Atlanta, ma prima di partire la madre le dona tre cose speciali: una macchina da cucire per la sua autosufficienza, una valigia per la sua indipendenza e una macchina da scrivere per dare spazio alla sua creatività. In seguito alla sua partecipazione a varie dimostrazioni per i diritti civili, nel ’62 è ospite di Martin Luther King jr. Partecipa al festival mondiale della pace ad Helsinky in Finlandia. In questo periodo viaggia molto in Europa conoscendo popoli e culture diverse che contribuiranno alla sua formazione. A Washington nel ’63 prende parte alla marcia per il lavoro e per la libertà e ascolta il discorso < I have a dream > di Martin Luther King. A soli 21 anni pubblica il suo primo romanzo breve e si laurea nel 1965 al sarah Lawrence College di New York. Tornata in Georgia, continua il suo lavoro nel movimento dei diritti civili e conosce un giovane studente di legge ebreo, Mel Leventhal, con il quale si sposa. La Walzer scrive un saggio sui diritti civili che vince il primo premio sulla American Scholar magazine. Vince una borsa di studio presso la prestigiosa MacDowell Colony nel New Hampshire per i suoi scritti, mentre procede alla stesura del suo primo romanzo. Nonostante i problemi razziali che la coppia suscita, continua a lavorare nella difesa dei diritti civili e presenzia al funerale del suo eroe, Martin Luther King ad Atlanta.

Alice Walzer pubblica il suo primo volume di poesia, Once, mentre insegna all’università di Jackson State. Le nasce una figlia, Rebecca e pubblica il suo primo romanzo, La terza vita di Grange Copeland che riceve plauso, ma anche aspre critiche dagli African-Americans perché tratta troppo duramente i maschi negri del suo libro. La Walker riceve molte proposte da varie università, finchè accetta la cattedra al Wellesley College dove dà inizio al primo corso degli stati uniti sulla letteratura femminile, soprattutto sulle scrittrici African-American e cura un’antologia dell’antropologa nera Zora Neale Hurston. Dal ’73 al ’76 lavora intensamente, ispirata dalla sua nuova eroina e pubblica la sua prima collezione di racconti brevi, Amori & Guai: Storie di donne nere. E il suo secondo volume di poesie, Revolutionary Petunias & Other Poems e diviene editrice nonché firma di punta della rivista MS.

Vince numerosi premi e pubblica il suo secondo romanzo, Meridian. Finito il suo matrimonio con Leventhal, si trasferisce in California, dove incontra Robert Allen, editore di “Black Scholar” e dove attualmente risiede nella cittadina di Mendocito, vicino a San Francisco.

I lavori della Walker continuano a proliferare, pubblica il suo secondo volume di racconti, Non puoi tenere sottomessa una donna in gamba e nel 1982 pubblica Il colore viola che vince il premio Pulizer e l’American Book Award che la innalzano a fama mondiale, nonostante le critiche degli scrittori neri americani che continuano a condannarle i ritratti troppo duri degli uomini neri del romanzo. Amareggiata da tali critiche, la walker pubblica un saggio sulla sua ideologia femminista intitolato Alla ricerca del giardino di mia madre.

Dalla sorella Ruth è stata creata una fondazione chiamata Il colore viola con lo scopo fornire istruzione tramite lavoro di volontariato.

Nel 1984 pubblica il terzo volume di poesie, I cavalli rendono più bello il paesaggio e nell’88 scrive un saggio, Living by the word. L’anno dopo pubblica un romanzo epico, Il tempio del mio spirito.

Scrive anche racconti per bambini e il romanzo Conoscere il segreto della gioia, una cronaca del dramma psicologico della vita di  una giovane donna dopo la mutilazione forzata dei genital. Di questo argomento si è interessata intensamente durante i suoi viaggi in Africa, lavorando a documentari e scrivendo un manuale Warrior Marks, in cui racconta sotto forma di cronaca le sue esperienze.

Nel ’96 pubblica The Same River Twice: Honoring the Difficult in cui descrive con saggi e articoli, la sua lotta contro la malattia e la depressione e la sua versione della sceneggiatura de Il colore viola. Successivamente pubblica un altro saggio ispirato dal suo attivismo politico, sui diritti civili, sul movimento nucleare, sul movimento delle donne, sulla protezione verso la cultura e l’ambiente delle popolazioni indigene, sulle vittime del razzismo, del sessismo, delle armi nucleari e sulla conservazione delle ricchezze naturali.

A settembre 1988 ha pubblicato una serie di racconti dove esamina le connessioni fra spiritualità e sessualità, tramite le storie narrate da generazioni che esplorano le relazioni fra padri e figlie, By the Light of my Father’s Smile.

 

IL REGISTA

Steven Spielberg è nato nel 1947 a Cincinnati nell’Ohio, USA. Sin dall’infanzia, Spielberg figlio di un ingegnere esperto di computer, sviluppa la sua passione per il cinema. Munito di una semplice cinepresa super8, gira filmetti ispirati a generi hollywoodiani. A 13 anni vince un concorso cinematografico con il film bellico Escape to Nowhere, ma a 16 la sua carriera inizia nel vero senso della parola con un film fantascientifico di oltre due ore, Firelight. Trasferitosi in California, si laurea in Inglese alla Long Beach University, nonostante passi tutto il suo tempo negli ‘studios’ della Universal.  Nel 1969 gira un cortometraggio di 24’, Amblin, con il quale vince premi ai Festival di Venice e di Atlanta.

La Universal gli propone un contratto di 7 anni per la MCA-TV. Si guadagna in fretta la fama di specialista dirigendo numerosi pilot (primi telefilm di una serie) e episodi di serials di successo fra cui Colombo. Nel 1971 gli vengono commissionati tre film per la televisione, fra cui Duel, che arrivato in Europa, vince il il premio al Festival del cinema fantastico in Francia, un altro premio in Germania, a Taormina, una menzione al festival televisivo di Montecarlo. Il film incassa 6 milioni di dollari. Nel 1974 gira Sugarland Express, un mezzo flop, ma nel ’75, con grande acume commerciale, talento e fortuna gira Lo squalo che lo porta a concretizzare un suo sogno: Incontri ravvicinati del terzo tipo. Nel 1979 gira poi un cocktail demenziale postmoderno un po’ trascurato come 1941:allarme ad Hollywood. Nello stesso periodo inizia la sua carriera anche di produttore con due opere che lo inseriscono fra gli illusionisti immortali del cinema: I predatori dell’arca perduta, nel 1981 e E.T. nell’82, che si affermarono nel mondo intero come campioni d’incassi di una spettacolarità adeguata ai tempi, un ritorno alla meraviglia secondo un punto di vista consapevolmente infantile e di un ritmo di racconto consono al gusto popolare.

Entrato ormai nell’Olimpo dei grandi, Spielberg fonda una propria casa di produzione, producendo, nel campo fanta-favolistico, film con temi e prospettive spielberghiani come Ritorno al futuro di Bob Zemechis.

Nel 1984 gira Indiana Jones e il tempio maledetto, nell’85 firma  Il colore viola, per il quale è candidato a 11 oscar, non vincendone nessuno. Spielberg, appartenente alla comunità ebraica americana, nonostante abbia sempre attaccato tutte le forme di oppressione, non venne accettato favorevolmente da una parte della comunità nera americana, con il motto “la questione nera è nostra e non si tocca”.

L’impero del sole è del 1987, Always e Indiana Jones e l’ultima crociata vengono girati nel 1989, successivamente firma uno dei suoi peggiori film. Hook e nel 1993 si riscatta con Jurassic park, un film mozzafiato che ha battuto il record d’incassi di tutti i tempi. Nel 1994 Spielberg vince l’Academy Award per la regia del film che merita di essere inserito fra le cento migliori opere cinematografiche della storia del cinema : Schindler’s list.

Nel 1995 produce Casper nel ’96 Twister e Men in Black, tutti film del genere fantastico. Nel 1997 ha prodotto e firmato Amistad con Antony Hopkins (Il silenzio degli innocenti) e Morgan Freeman ( A spasso con Daisy) che prosegue il discorso iniziato con Il colore viola sulla questione nera.

Ha prodotto la continuazione di Jurassic Park, The lost World .

L’ultimo lavoro come produttore e regista è del 1998, Salvate il Soldato Ryan con Tom Hanks (Forrest Gamp).



ATTORI PRINCIPALI

 

Woopi Goldberg, candidata all’oscar come migliore attrice protagonista, per questa sua prima interpretazione, lo vince con Gost al fianco di Patrick Swayze e Demi moore. Il vero, strabiliante successo commerciale arriva con Sister Act che raccoglie in tutto il mondo incassi per centinaia di milioni di dollari. Woopi è anche un’apprezzata doppiatrice, ed è molto impegnata a livello umanitario.

 

Oprah Winfrey, attrice, produttrice, personaggio televisivo, la la più famosa show-woman degli States, la regina dei talkshow.

 

 
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